“All’inizio Sara e Hiroshi si sono ignorati. Spesso accade alle persone e, a volte, si rischia di perdersi qualcosa.”
Tokyo Orizzontale è uno di quelli che compri nella libreria di una stazione mentre aspetti la coincidenza con il treno che ti riporterà a casa dopo cinque mesi. Ti concedi un dolce, bevi un tè caldo alla vaniglia e ti rifugi in libreria. Una sola copia a testimoniare che forse non è molto conosciuto o non è molto amato e non essere amati di questi tempi, non so da quando precisamente, mi sembra una cosa positiva. Uno di quei libri che ti attira ma non del tutto, da cui forse speri di rimanere delusa, speri che lo leggerai tanto per allontanarti dalle giornate diventate tutte uguali. Perché non sei pronta per avere una risposta, perché sono mesi che non la cerchi più. Poi ti ritrovi, invece, tutta in un personaggio, che pensi quasi che se arriverai alla fine scoprirai una parte interna di te che non conoscevi. Ti è mai successo? In quelle pagine mi sono scoperta femmina: femmina nel mio sesso, nelle curve che ho, nei pensieri, nei desideri; è come se mi accendesse tutta come Tokyo la sera o almeno la Tokyo selvaggia di cui non si parla mai. In quelle pagine ho trovato la risposta alla malattia che da anni non mi lascia respirare: io ho fretta. Non riesco ad aspettare e ad accordarmi al tempo del mondo. Fretta, quella che ti spinge a correre scalza per la strada sull’asfalto e ritrovarti i piedi neri come il catrame; la fretta che ti fa cadere tra le braccia della persona sbagliata; la fretta di non vivere fino in fondo la tua vita; la fretta che ti spinge a ricordarti ogni mattina, a ripetere l’elenco delle zavorre che hai perché hai paura che tu senza dolore non riusciresti a vivere. Quell’insicurezza per cui non riesci mai a dire “no”, mai “basta” e solo “forse è colpa mia”. Quell’insicurezza per cui ti senti sempre in dovere di dovertele meritare le cose, di dover dimostrare costantemente che “tu ne vali la pena”. Sento di aver amato Hiroshi come se da quello dipendesse la mia vita. Come se non avessi mai amato un uomo nella realtà. Il modo in cui le ruote della sua macchina divoravano la città per calmarlo, i numeri nei quali cercava spiegazioni che forse non avrebbe avuto mai e le parole che da anni cercava. Di aver amato la sua cicatrice a semi luna sotto l’occhio, di aver amato la sua compostezza, il suo lasciarmi spazio e il suo abbracciarmi quando ne sentivo il bisogno senza doverlo chiedere. “Tokyo orizzontale” è la storia di tre donne e forse anche un po’ la mia: Sara, in perenne ricerca di qualcosa che vuole ma di cui non riesce ancora a disegnare i confini; Giulia che diventa Carmelita e poi ritorna Giulia, innamorata di un ragazzo senza nome di cui conosce solo le urla, quelle che non riesce a trattenere quando si sente soffocare, Carmelita che inventa sempre un modo diverso di stare nelle scarpe e a cui piace aspettare anche se ci vorrà tanto, anche se bisognerà pazientare e infine Tokyo, selvaggia, scomposta, eccessiva, sfrenata, Tokyo che non dorme mai, Tokyo che non sta mai in silenzio, la Tokyo amata e stuprata da mille storie, da inizi che non lo sono e di una fine che non riesce mai ad arrivare.
“Tokyo orizzontale” è un romanzo d’esordio che seduce, da bere tutto in un solo fiato una di quelle sere in cui il mondo fuori corre e noi non riusciamo a stargli dietro, una di quelle sere in cui abbiamo bisogno di qualcosa ma non riusciamo a capire cosa.
E ora, alla fine, mi sento vuota. Vuota con un nome e mi chiedo se possa bastare.
1 Risposta a “Tokyo Orizzontale – Laura Imai Messina”
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Dopo aver letto il libro, credo che Tokyo Orizzontale non avrebbe quell’impatto sul lettore se non fosse per la capacità dell’autrice di rapirti e sbatterti direttamente al fianco dei personaggi.
La sua scrittura è passionale, calibrata, minuziosa nei dettagli che non appesantiscono la lettura. I personaggi risultano così più “vivi” di quanto, magari, non lo siamo noi
E ti ritrovi a percepire il mondo che li circondano, ad annusare gli odori che sentono, a vedere quei dettagli che la frenesia quotidiana non ti lascia il tempo di accorgertene, ad assaporare, infine, una “vita d’altri” senza chiederne il permesso.
Quei personaggi hanno trovato l’autore giusto per loro, per poter vivere per sempre in quelle pagine.
Ma il vuoto che ti resta alla fine della lettura, da cosa sarà riempito?